IL MAESTRO E IL SAPERE
IL MAESTRO SECONDO TOMMASO D'AQUINO
Tommaso D'Aquino dedica l'intera questione XI della quaestio disputa De veritate al tema del maestro e all'insegnamento.
Egli sostiene che gli esseri creati posseggano una capacità causativa e che, pur dipendendo nel loro essere e nel loro esistere da Dio, non siano inutili.
Infatti gli uomini assomigliano a Dio e il loro posto non può essere preso né da Dio né da idee o forme sostanziali fuori dalla realtà sensibile.
Se all'essere umano fosse stata negata la capacità di causare qualcosa, allora anche il problema del maestro sarebbe stato negativamente risolto: nessun uomo può insegnare qualcosa ad un altro individuo.
LA POSIZIONE DI AVICENNA
Avicenna interpretava Aristotele attraverso uno schema neoplatonico.
Egli faceva dipendere la conoscenza da un intelletto separato (intelletto agente) nei confronti del quale il soggetto avrebbe un ruolo passivo.
In questo caso, l'azione del maestro, è esclusivamente preparatoria e accidentale, poiché l'atto di conoscenza dipende dall'illuminazione dell'intelletto agente.
Sostituendo Dio all'intelletto agente, la dottrina araba poteva essere accettata anche in ambito cristiano. In questo caso l'intelletto umano restava passivo ed era messo in grado di conoscere dall'illuminazione divina, talune capacità.
In questo caso, l'azione del maestro, si riduce ad una funzione preparatoria e stimolatrice.
LA POSIZIONE DI AVERROÈ
Egli riteneva che sia l'intelletto agente che quello passivo fossero unici e separati e che anche se la scienza e la conoscenza conducevano ad un' unica intelligenza (esterna agli esseri umani), fonte della loro universalità e stabilità.
LA RISPOSTA DI TOMMASO
Tommaso rifiutò sia la tesi di Avicenna che quella di Averroè, scegliendo una via intermedia che pone nel concorso di cause esterne e interne il fulcro del conoscere.
Il sapere è attivo nell'uomo, bisogna però farlo passare attraverso la potenza dell'atto.
L'insegnante conduce quindi alla conoscenza di ciò che non si sa nello stesso modo in cui uno potrebbe giungervi in maniera inventiva.
IL RAPPORTO TRA MAESTRO E ALLIEVO
Il maestro può insegnare poiché in forza di una conoscenza già acquisita e attuata, aiuta il passaggio, che può avvenire solo nel discepolo, dalla conoscenza potenziale a quella attuale, consentendogli di apprendere.
Il rapporto pedagogico tra maestro e allievo è visto da Tommaso sotto l'aspetto del sapere e del progresso della conoscenza.
IL RUOLO SOCIALE DEL MAGISTER
DA MAGISTRI A PROFESSORES
Nel tardo medioevo la figura del magister acquisì un'importanza sempre maggiore.
Il magister universitario, è un uomo di mestiere che svolge una professione nella quale è competente e autorevole, e riconosce il legame necessario tra scienza e insegnamento.
I professori universitari, diventarono una vera e propria corporazione, poiché acquistarono dei caratteri molto importanti e dei privilegi.
Professore significa infatti, aver scienza in un determinato campo nel quale si può eccellere.
CUSTODE DELLA VERITÀ
Il magister doveva mantenere un legame tra la sua attività di ricerca e l'insegnamento, nel senso di non tener per se (o per pochi intimi) ciò che scopriva e di essere autorevole in ciò che insegnava.
Il legame tra studio e docenza era reso saldo dalla continua ricerca della verità che era impresa anche comune.
UNA PROFESSIONE PRIVILEGIATA
Il magister aveva anche un ruolo sociale, che era riconosciuto agli universitari come uno statuto speciale, quindi facevano parte di un corpo privilegiato.
In alcuni casi potevano beneficiare esenzioni da obblighi personali e patrimoniali.
La dignità del magister era grande e rispettata, a tale dignità il magister deve corrispondere con competenza e rigore.